Già
gli antichi attribuivano grande importanza al cibo.
Anche la medicina, fin dai suoi albori, si è occupata di
identificare le correlazioni tra le patologie dell'uomo e la sua
alimentazione ("siamo quello che mangiamo" sostengono le filosofie
orientali).
Nel V secolo a.C. Pitagora e la sua scuola raccomandavano di seguire
una dieta vegetariana e introducevano suggerimenti dietetici per la
cura di molte malattie.
Ippocrate (460-370 a.C.) ci ha lasciato almeno cinque opere di
dietetica: Del nutrimento, Del regime di vita, Del regime salutare, Del
regime delle malattie acute, Dell'uso dei liquidi.
Un medico greco chiamato Antimo scrive per Teodorico, re dei Franchi
dal 495 al 525, il trattato “
De
observatione ciborum
ad
Theodoricum regem Francorum epistola” di fondamentale
importanza
per la storia della cucina, il cui concetto principale è che
la
salute
deriva dagli alimenti consumati dall'uomo. Secondo questo manuale di
dietetica, che illustra le abitudini alimentari delle popolazioni
germaniche del V e VI secolo, le bevande devono conciliarsi con gli
alimenti e non conviene abusarne; il vino è limitato al
ruolo di
condimento di alcuni piatti.
Intorno al 1100 vede la luce il
Regimen
Sanitatis Salernitanum Flos
Medicinae Scholae Salerni, volgarizzazione dei precetti
ippocratici e di altri medici greci per la conservazione
della salute.