Un
anno di pandemia
(24 febbraio 2021)
Barbara Illi e Patrizia Lavia
Istituto di Biologia e Patologia Molecolari, Consiglio Nazionale delle
Ricerche, Roma
https://www.lavocedeimedici.it/2021/02/24/vaccini-anti-covid-facciamo-chiarezza/
La pandemia di COVID-19 (2019 COronaVIrus Disease, la malattia da
Coronavirus 2019), esattamente da un anno, ha messo in rapporto ambiti
che siamo abituati a pensare distinti: sentimenti risvegliati da
contagio, morte, paura, superstizione, ignoranza, che spesso chiamano
in causa la comunicazione scienza-società; ma anche il rapporto tra
ricerca di base e applicazioni, industria dei vaccini, brevetti,
investimenti pubblici e privati, politiche sanitarie degli stati. In
questo articolo, cerchiamo di razionalizzare il filo tra questi ambiti.
Come primo punto vorremmo ripartire dal ruolo fondamentale della
ricerca scientifica. In un anno sono state prodotte conoscenze
fondamentali, forse non del tutto chiare alla popolazione, ad una
velocità senza precedenti: è stato decifrato il genoma del virus
SARS-CoV-2 (di seguito CoV-2), chiarito il suo meccanismo d’azione,
come si propaga, come infetta l’uomo. Per la prima volta la ricerca ha
messo l’umanità in grado di comprendere immediatamente una pandemia,
fin dal livello molecolare, e di combatterla scientificamente.
La forza della ricerca di base dietro i vaccini
Mettendo in campo una impressionante ricchezza di strategie molecolari,
sono stati ideati diversi vaccini contro la Covid-19 a tempo di record.
Ripercorriamo brevemente le pietre miliari, poste dalla ricerca di base
e indispensabili all’ideazione dei vaccini.
Lo sviluppo di metodi potenti di sequenziamento ha
consentito di decifrare il genoma a RNA del CoV-2 già nel dicembre
2019, condividerne immediatamente la sequenza a livello internazionale
ad opera dei ricercatori di Wuhan, tracciarne la propagazione nel mondo
[1];
L’identificazione dell’enzima responsabile della
replicazione del CoV-2, la RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRP), tipica
di altri virus a RNA [2] è stata fondamentale per capire che il
genoma del virus, nel suo ciclo replicativo, non può integrarsi nel
nostro genoma perché non viene mai prodotto un intermedio a DNA
(diversamente dal caso dei retrovirus quali l’HIV, agente dell’AIDS,
che producono un intermedio a DNA grazie ad un diverso enzima, la
trascrittasi inversa (RT), che è infatti bersaglio di molti farmaci
nella terapia dell’AIDS);
Studi di biologia strutturale hanno chiarito il
meccanismo con cui CoV-2 entra nelle cellule umane del tratto
respiratorio attraverso la proteina Spike, che lega il recettore ACE2;
questa scoperta è alla base dell’ideazione dei vaccini, i quali usano
tutti la proteina spike per produrre immunità;
La conoscenza della biologia dell’RNA ha permesso di
“ingegnerizzare” l’RNA messaggero (mRNA) di Cov-2 che produce la
proteina Spike ed usarlo nell’ideazione di alcuni vaccini. Questa
conoscenza è stata sviluppata nei 20 anni trascorsi dal sequenziamento
del genoma umano – un immenso sforzo collettivo completato nel 2001,
che ha rivelato nuove, insospettate funzioni e potenzialità di
modulazione degli RNA in processi complessi, quali l’oncogenesi o lo
sviluppo del sistema nervoso centrale. Alla luce di questi avanzamenti
consolidati della biologia molecolare, sono veramente gravi alcune
approssimazioni ed errori in cui anche persone istruite sono incorse
(ad esempio, definire i vaccini a RNA “vaccini genetici”, o paragonarli
alle terapie geniche), generando infondati timori in una parte del
pubblico;
Infine, studi di virologia molecolare hanno permesso
lo sviluppo di vettori a DNA, basati su adenovirus non patogeni per
l’uomo, alla base di un’altra classe di vaccini anti-Covid-19.
Ogni passaggio della lotta a Cov-2 ha dunque beneficiato di ricerche di
conoscenza, sviluppate quasi sempre in istituzioni pubbliche: centri di
ricerca pubblici e università. Il peso dei risultati della ricerca di
base è incommensurabile, economicamente e giuridicamente (in termini di
“diritti proprietari”), rispetto alla produzione di molecole che hanno
valore salvavita, come i vaccini (si stima che questi prevengano 2-3
milioni di morti all’anno). Questa ricerca di conoscenza ha
dunque un valore fondativo indispensabile, che troppo spesso viene
trascurato o dato per scontato.
Una varietà di strategie molecolari per i vaccini
La ricerca di conoscenza ha dunque permesso di affinare diverse
strategie molecolari per i vaccini contro Cov-2, presentate già
nell’Aprile 2020 in un bellissimo Editoriale di Nature [3]. Senza
entrare nel dettaglio, ma rimandando a quell’Editoriale molto efficace
anche graficamente, bisogna sottolineare il vantaggio di disporre di
strategie molecolari diverse per ottenere risposte ottimali nelle
popolazioni ed aumentare il successo della prevenzione. Per illustrare
questo concetto, esaminiamo brevemente alcuni vaccini in fase avanzata,
in uso o pronti ad essere approvati, illustrandone la base scientifica,
le principali caratteristiche e gli elementi di criticità. Per
semplicità, i dati principali sono riepilogati nella tabella.
I vaccini ad mRNA
Il primo vaccino approvato contro la Covid-19 è stato ideato da due
ricercatori Turchi cresciuti in Germania, Ozlem Tureci e Ugur Sahin,
persone dell’anno per il Financial Times nel 2020. Essi sono riusciti,
con rara visione e tenacia, a perseguire e sviluppare la loro idea,
fondando la company BioNTech. Le figure di questi ed altri
ricercatori con personalità notevoli e ruoli chiave nella ricerca sui
vaccini meritano di essere approfondite in future occasioni.
Prodotto dalla Pfizer, il vaccino BioNTech è basato sull’uso dell’mRNA,
derivato dal genoma di Cov-2, per la produzione della sola proteina
Spike. È molto efficace (95-96%) se somministrato in due dosi a tre
settimane di distanza (per approfondimenti si veda il rapporto della
FDA [4]). L’efficacia del vaccino BioNTech/Pfizer è sostenuta da una
mole di dati, forniti soprattutto da Israele, che ha vaccinato gran
parte della sua popolazione. Questi dati, estremamente incoraggianti,
dimostrano l’attenuazione della malattia, la sua non trasmissibilità e,
quindi, un importante abbattimento del contagio.
L’mRNA è alla base anche del vaccino ModeRNA, il secondo approvato,
ideato dalla ricercatrice americana Melissa Moore. Il vaccino
ModeRNA ha un’ideazione ed un’efficacia simili a Pfizer. La principale
differenza tra i due è nell’uso di molecole lipofiliche diverse per
veicolare l’mRNA nelle nostre cellule. Questo vaccino è stato prodotto
anche con il sostegno finanziario del governo degli Stati Uniti che,
essendo tra i finanziatori, può esercitare un diritto di opzione sulle
dosi prodotte [5].
Tuttavia, l’RNA è un acido nucleico estremamente fragile che ad oggi
esige una stringente catena del freddo, in ogni momento dalla
produzione all’inoculo. L’RNA rappresenta quindi sia il punto di forza
scientifico di questi vaccini, che un possibile limite nella loro
gestione, almeno in alcune condizioni.
I vaccini a DNA basati su vettori adenovirali
I vaccini che utilizzano vettori a DNA della famiglia degli Adenovirus,
ingegnerizzati in modo da essere resi non patogeni per l’uomo (vettori
adenovirali), sono più resistenti di quelli a RNA e appaiono quindi più
facilmente gestibili per combattere una pandemia su scala mondiale.
Tuttavia, poichè gli adenovirus normalmente infettano l’uomo, i vettori
adenovirali possono dare risposte variabili in diversi individui a
causa della possibile presenza di una immunità attivata da precedenti
esposizioni ad agenti della stessa famiglia.
In questa classe, è molto promettente il russo Sputnik, che ha
efficacia simile a quella dei vaccini a RNA (92%) [6]. L’efficacia di
Sputnik è basata su una buona idea: l’uso di due diversi vettori
adenovirali, nella prima iniezione e nel richiamo, potenzia la risposta
anticorpale e minimizza la probabilità che l’organismo possieda già
anticorpi che potrebbero neutralizzare il vaccino [7]. Benché Sputnik
sia descritto sulla rivista Lancet, tra le più prestigiose, e sia
autorizzato in 30 paesi, i dati del trial clinico non sono ancora
accessibili. Dobbiamo augurarci che lo siano al più presto.
Anche Johnson & Johnson ha sviluppato un vaccino basato su un
vettore adenovirale, che ha efficacia inferiore ai tre descritti (66%),
ma la raggiunge in una sola iniezione [8]. Il vantaggio di evitare il
richiamo e dimezzare le dosi necessarie per abitante è evidente. La sua
approvazione è attesa ad inizio marzo [9].
Vaccini basati su proteine e subunità proteiche
La possibilità di produrre grandi quantità di proteine utilizzando
biotecnologie avanzate ha dato luogo alla terza classe di vaccini
basata su proteine o subunità proteiche. Il più avanzato in questa
classe è il vaccino di Novovax, di imminente approvazione, ideato della
ricercatrice indiana Nita Patel, altra figura di non comune tenacia.
Novovax utilizza direttamente la proteina Spike legata a molecole
adiuvanti e veicolata da nanoparticelle. Nella fase 3 questo
vaccino ha dimostrato un’efficacia del 90% [10].
Su un principio un po’ diverso si basa il vaccino cubano Soberana, al
cui sviluppo ha partecipato anche un giovane ricercatore italiano del
CNR, Fabrizio Chiodo. In questo caso, l’immunogenicità è provveduta
dalla componente glicoproteica di una subunità di Spike che lega il
recettore ACE2 (chiamata RBD, per receptor binding domain). Nel
vaccino, diverse copie di RBD vengono coniugate ad un forte immunogeno
(la tossina inattivata del tetano) e combinate con adiuvanti. Soberana
ha superato la fase preclinica, ha indotto anticorpi neutralizzanti ed
anche la produzione di linfociti B della memoria immunitaria a lungo
termine [11]. Il caso di Soberana è interessante, oltre che per
il disegno biotecnologico, anche perché concepito secondo un modello
economico diverso da quelli utilizzati per gli altri vaccini: è
predisposto un piano di produzione e distribuzione a costi estremamente
bassi, interamente sostenuti da capitale pubblico, con l’intento di
rendere il vaccino accessibile a Paesi dall’economia fragile, come
diversi Paesi in Centro e Sud-America. Il programma è reinvestire poi i
ricavati delle vendite in ricerca. Questo modello non è diverso solo
rispetto a quelli seguiti nei paesi a libero mercato, com’è ovvio, ma
anche da quelli adottati in Russia e Cina, dove i contratti sono
gestiti dallo Stato ma secondo le regole del mercato.
Quale vaccino, l’insorgenza delle varianti e la
corsa contro il tempo
Un problema impegnativo riguarda la miglior scelta possibile di un
vaccino rispetto ad un altro. Al problema concorrono diversi fattori:
la limitata capacità di produzione dei vaccini;
nessuna company, nel suo stato standard, è attrezzata per produrre le
dosi necessarie per una pandemia planetaria. I problemi delle companies
a soddisfare la domanda globale stanno modificando i piani vaccinali in
ogni paese, incluso il nostro; questo ha aperto una riflessione
importante, avviando una possibile revisione delle modalità con cui
altri soggetti potrebbero intervenire a produrre, su licenza, vaccini
già approvati;
la differente accessibilità economica dei vaccini;
al costo di ogni vaccino concorrono il costo dei rischi assunti dai
produttori nelle fasi di sviluppo sperimentale e quelli sostenuti nelle
fasi cliniche, ai quali spesso contribuiscono gli Stati; questo genera
diseguaglianze nella possibilità di accesso, legate alla differente
forza economica di diversi Paesi;
infine, la scelta non può non essere guidata da
considerazioni biologiche sulle varietà dei vaccini, la loro efficacia
in diversi soggetti e popolazioni e, soprattutto, l’insorgenza di
mutazioni di Cov-2.
Il problema dell’equo accesso. Come nel caso del clima, anche nel caso
dei vaccini c’è un comune interesse globale a garantire ovunque il
miglior vaccino possibile. In un mondo globalizzato, la persistenza
anche di pochi focolai di pandemia mette in pericolo tutti. Nature ha
pubblicato un’importante analisi in Novembre 2020, evidenziando, solo
sulla base delle ordinazioni, le diseguaglianze di accesso tra Paesi
con diversa forza economica [12]: ad esempio, il Canada si è assicurato
8 dosi per abitante, contro 1 dose in Brasile 1 e 0,25 dosi nel resto
dei paesi Latino-Americani escluso il Brasile. Queste diseguaglianze
pongono sia un problema morale sull’equo accesso alla salute, ma anche
un oggettivo ostacolo al superamento della pandemia se questa viene
affrontata con mezzi e velocità molto diversi nel mondo. Per queste
ragioni, dopo lo scoppio dell’epidemia di Ebola nel 2013, è stata
istituita la CEPI (Coalition for Epidemic Prepardness Innovations), con
lo scopo di promuovere strategie internazionali coordinate per lo
sviluppo di vaccini contro le epidemie emergenti. CEPI ha stanziato dal
2017 ad oggi circa 820 milioni di dollari finanziando, tra gli altri il
vaccino Novavax. Con lo slogan “noone is safe untile everyone is
safe” (nessuno è al sicuro, finché ognuno non è al sicuro), CEPI, OMS e
l’organizzazione non governativa GAVI hanno lanciato l’iniziativa
COVAX, con l’obiettivo di distribuire vaccini efficaci contro Covid-19:
si prevede di distribuire 2 miliardi di dosi di vaccino in 92 paesi a
reddito medio e basso entro la fine del 2021. Il governo US, che con la
presidenza Biden ha ristabilito i rapporti con l’OMS, ha annunciato una
partecipazione di 4 miliardi di dollari a COVAX. I progressi e i
risultati di COVAX possono essere seguiti sul sito dedicato [13].
Le varianti. In questa lotta globale, la comparsa di varianti di Cov-2
pone un problema acuto. I virus, come ogni organismo sottoposto a
pressione selettiva – e i vaccini sono una pressione fortissima – ha
un’unica strada per non estinguersi: sviluppare mutazioni che ne
consentano l’adattamento. Anthony Fauci ha ripercorso con David Morens
la storia di questo conflittuale rapporto in una bellissima rassegna
[14]. CoV-2 sviluppa dunque mutazioni per eludere la risposta
immunitaria, spesso a carico di Spike, la sua chiave di entrata nelle
cellule dell’ospite. Alcune mutazioni consentono a Spike di legare
meglio ACE2 (ad esempio la variante inglese), rendendo il virus più
veloce nell’infezione ed anche più patogenetico nel successivo decorso
(nel Regno Unito è stata osservata un’aumentata letalità del 30-40% nei
soggetti infettatati da questa variante rispetto a quelli infettati con
il ceppo Cov-2 originario). Altre mutazioni alterano la struttura di
Spike, rendendola non più riconoscibile agli anticorpi – sia quelli
prodotti naturalmente nei soggetti infettati, che quelli indotti dai
vaccini: questo è il caso della variante Sud Africana. Per motivi di
spazio non è possibile elencare qui le diverse varianti (nè sarebbe
utile poiché possiamo aspettarci che ne emergano di nuove ma non
possiamo prevedere a priori con quali conseguenze). Emerge però la
necessità di vaccinare presto per non essere costretti ad “inseguire”
la velocità di mutazione del virus. Questo problema sta scardinando i
piani di vaccinazione in alcuni paesi.
Il caso del vaccino prodotto da Astra Zeneca insieme all’Università di
Oxford (anche con il contributo dell’Italiana IRBM), basato su un
adenovirus di scimpanzé, è emblematico. Un inspiegabile errore di
campionatura ne ha limitato il trial alla popolazione con meno di 55
anni, escludendo le fasce più a rischio di sviluppare sintomatologia
grave. Astra Zeneca è quindi autorizzato in soggetti tra 18 e 55 anni
(in Italia l’AIFA ne ha tuttavia esteso la possibilità d’uso a 65
anni). In questa popolazione, il vaccino ha un’efficacia del 67% dopo 2
dosi somministrate a 4 settimane di distanza, dunque più bassa dei
vaccini descritti in precedenza. Tuttavia, anche questo vaccino è molto
efficace nel ridurre la gravità della sintomatologia nei soggetti
infetti.
Il governo inglese, che ha sostenuto lo sviluppo del vaccino Astra
Zeneca/Oxford con capitale pubblico, si è trovato a dover fare fronte,
con urgenza, alla diffusione appunto della variante inglese, diventata
prevalente nel Regno Unito (che comprende in realtà diversi sottotipi).
Il governo inglese ha allora scelto di somministrare Astra Zeneca non
secondo i protocolli in base ai quali il vaccino è stato approvato, ma
allungando i tempi tra le due dosi allo scopo di vaccinare, almeno una
volta, il maggior numero di persone possibile. Questa decisione ha
suscitato sconcerto nel mondo scientifico, poiché stravolge il concetto
che i trial abbiano un valore vincolante, facendo prevalere elementi
circostanziali e superando le regole, universalmente condivise, della
sperimentazione clinica. Non è noto, ad esempio, quanto duri la memoria
immunitaria dopo una dose né se sia la stessa in tutti gli individui
(inclusi, ad esempio, gli immunodepressi), introducendo quindi un
elemento non controllato. Nel corso di questa somministrazione
“atipica”, Astra Zeneca ha comunque comunicato una migliorata efficacia
(dell’81,3%) se l’intervallo tra prima e seconda dose viene allungato a
12 settimane. I dati di questa sperimentazione, che ha visto tre gruppi
di arruolamento nel Regno Unito, Brasile e Sud Africa, sono stati
pubblicati dalla rivista Lancet [15], benchè accompagnati da
valutazioni controverse [16].
Un nuovo passo atipico, sempre nel Regno Unito, è anche il lancio di un
nuovo protocollo definito “mix and match”, nel quale si intende
somministrare Astra Zeneca nella prima iniezione e Pfizer nella seconda
e viceversa, in diversi gruppi [17]. Israele ha nel frattempo
reso noto, dai dati della propria campagna vaccinale, che Pfizer è
efficace già dopo una singola dose (stima dell’85%), anche se la
persistenza di questa immunità richiederà un attento monitoraggio nei
prossimi mesi. Come scegliere quindi chi arruolare in un
protocollo certo e chi in uno incerto?
Se da un lato i trial avviati nel Regno Unito richiedono un certo
coraggio, e sono stati per questo chiamati da qualcuno la Dunkerque 2,
in ricordo della battaglia di Dunkerque condotta dagli Inglesi contro
le truppe tedesche che avevano invaso la Francia nella seconda guerra
mondiale, d’altra parte esiste un problema etico non irrilevante nella
scelta dei soggetti da arruolare nei trial: come decidere in che modo
protocolli che hanno efficacia nettamente diversa debbano essere
somministrati a diversi soggetti o popolazioni? Per classi di età? Per
stato di salute? Questo potrebbe creare problemi etici di “selezione”
ai quali è difficile dare una risposta.
Le varianti possono inoltre essere differenzialmente sensibili ai
vaccini. Ad esempio, gli anticorpi indotti dal vaccino Astra Zeneca non
riconoscono la variante Sud-Africana di Spike, mentre Novovax sembra
efficace anche contro questa variante. Il governo del Sud Africa ha
sospeso il rifornimento di Astra Zeneca. A seguire, anche paesi come
Svizzera e Germania hanno deciso di sospendere i loro contratti con
Astra Zeneca.
Uno strumento potente per la lotta alle varianti viene ancora dalla
ricerca. Infatti, una volta dimostrata l’efficacia di una data
strategia molecolare per un vaccino, è relativamente veloce introdurre
sottili cambiamenti che stimolino la produzione di anticorpi diretti
contro le varianti emergenti. Le biotecnologie fanno quindi la propria
parte. Rimane tuttavia limitante il problema della capacità di
produzione delle dosi. I due aspetti non possono essere disgiunti.
La lotta contro la COVID-19 assume ora le caratteristiche di una
competizione contro il tempo, tra la nostra capacità di produrre e
somministrare vaccini e la velocità di mutazione del virus. Dobbiamo
evitare che, pur possedendo raffinati strumenti molecolari, noi
diventiamo Achille all’impossibile inseguimento della tartaruga che è
partita prima.
Per affrontare queste emergenze, l’Unione Europea ha annunciato pochi
giorni fa il programma “HERA incubator” (HERA: Health Environmental
Research Agenda for Europe) che, attraverso un grande sforzo congiunto
pubblico-privato, allo scopo di: a) velocizzare il sequenziamento e
l’identificazione delle varianti, e b) aumentare la varietà e la
produzione di vaccini efficaci [18].
Una delle azioni più urgenti è dunque potenziare il sequenziamento e il
tracciamento delle varianti. Occorre capire tempestivamente quali e
quanti ceppi di Cov-2 dobbiamo fronteggiare, con quali frequenze e con
quali trend di contagio e di letalità. In una parola, abbiamo ancora
bisogno della conoscenza che ci permette di identificare nuove varianti
e di adattare rapidamente vaccini efficaci.
L’auspicio è che lo sforzo di sequenziamento e riconoscimento delle
varianti diventi un impegno urgente nel nostro Paese, affiancato dal
contributo a produrre vaccini su licenza, come ha già fatto la francese
Sanofi, che ha abbandonato l’ideazione del proprio vaccino e scelto di
ritirarsi dalla corsa, preferendo stabilire accordi con BioNTech/Pfizer
per la produzione su licenza [19]. Una recente indagine ha rilevato le
potenzialità anche di stabilimenti Italiani (uno per tutti, la Sclavo
di Siena, ma anche altri) che potrebbero concorrere alla produzione,
affrancando il nostro Paese dall’attesa delle dosi, come qualche
recente dichiarazione di buon auspicio lascia presagire.
Un’accelerazione di questo tipo, insieme alla possibilità di modificare
efficacemente i vaccini in modo mirato contro le varianti, potranno
traghettarci aldilà della pandemia.
Riferimenti bibliografici e siti web
1
https://www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMoa2001017?url_ver=Z39.88
(Caratterizzazione del genoma del nuovo Coronavirus identificato a
Wuhan. New Engl J Med, Dicembre 2019)
2
https://www.mdpi.com/1999-4915/10/1/24 (Il funzionamento dell’RNA
polimerasi RNA dipendente. Viruses, Gennaio 2018)
3
https://www.nature.com/articles/d41586-020-01221-y (Una guida grafica
ai vaccini contro il Coronavirus. Nature, Aprile 2020)
4
https://www.fda.gov/media/144414/download (Versione per i media
dell’approvazione del vaccino Pfizer/BioNtech da parte di FDA, Gennaio
2021)
5
https://www.fiercepharma.com/pharma/after-nearly-1b-research-funding-moderna-takes-1-5b-coronavirus-vaccine-order-from-u-s
(La partecipazione US al vaccino ModeRNA, Agosto 2020)
6
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)00234-8/fulltext
(Pubblicazione del vaccino Sputnik. Lancet, Febbraio 2021)
7
https://sputnikvaccine.com/ (Home page di Sputnik, sito continuamente
aggiornato)
8
https://www.jnj.com/johnson-johnson-announces-single-shot-janssen-covid-19-vaccine-candidate-met-primary-endpoints-in-interim-analysis-of-its-phase-3-ensemble-trial.
(Home page Johnson&Johnson, sito continuamente aggiornato)
9
https://medicalxpress.com/news/2021-02-johnson-eu-vaccine.html
(Richiesta di approvazione del vaccino Johnson&Johnson a EMA,
Febbraio 2021)
10
https://ir.novavax.com/news-releases/news-release-details/novavax-covid-19-vaccine-demonstrates-893-efficacy-uk-phase-3
(Home page NovaVax, sito continuamente aggiornato)
11
https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2021.02.08.430146v1
(Pubblicazione del vaccino Soberana. BioRxiv, Febbraio 2021)
12
https://www.nature.com/articles/d41586-020-03370-6 (How COVID vaccines
are being divided up around the world. Nature sull’equo accesso,
Novembre 2020)
13
https://www.who.int/initiatives/act-accelerator/covax (L’inIziativa
globale COVAX per l’equo accesso. Sito continuamente aggiornato)
14
Emerging Pandemic Diseases: How We Got to COVID-19 (Morens e
Fauci: Emerging Pandemic Diseases. Cell, Settembre 2020)
15
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)00432-3/fulltext
(Il nuovo protocollo di somministrazione del vaccino Astra Zeneca nel
Regno Unito. Lancet, Febbraio 2021)
16
https://www.sciencemediacentre.org/expert-reaction-to-preprint-from-oxford-looking-at-immunogenicity-and-efficacy-of-the-oxford-astrazeneca-vaccine-with-a-3-month-gap-between-doses-and-looking-at-whether-data-says-anything-about-tran/
(Reazioni del mondo scientifico al protocollo di somministrazione
modificato di Astra Zeneca. Science Media Center, Febbraio 2021)
17
https://www.sciencemag.org/news/2021/02/should-you-mix-and-match-covid-19-vaccines-scientists-are-seeking-answers
(Reazioni al nuovo protocollo mix and match di Astra Zeneca. Science,
Febbraio 2021)
18
https://ec.europa.eu/info/files/communication-hera-incubator-anticipating-together-threat-covid-19-variants_en.
(L’iniziativa “Hera Incubator” della EU contro le varianti di Cov-2,
Febbraio 2021)
19
https://www.sanofi.com/en/media-room/press-releases/2021/2021-01-27-07-30-00.
(La svolta di SANOFI per la produzione del vaccino Biontech/Pfizer su
licenza, Gennaio 2021)
Dott.
Luciano Boriolo
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